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La Storia

Il Liceo “Vittorio Emanuele II”: ieri e oggi, storia in pillole.

Il Liceo Vittorio Emanuele II di Palermo trae le sue antiche origini dall’opera di istruzione messa in campo dalla Compagnia dei Gesuiti intorno alla metà del XVI secolo. Nel 1549 su proposta del Viceré della Sicilia e in seguito a delibera del Senato palermitano venne istituito il Collegio dei Padri; ebbe come primo rettore il teologo francese P. Nicola De Lanoy e la sua prima ubicazione in un corpo di case di proprietà di Don Sigismondo Platamone, presso la chiesa della Madonna della Misericordia fra la Conciaria e la Kalsa dove accorsero studenti da tutte le parti del regno e vennero impartiti gli insegnamenti di grammatica, humanità, rhettorica, logica e theologia. Nel 1586, aumentata notevolmente la popolazione scolastica, i Gesuiti acquistarono nel Cassaro – oggi Corso Vittorio Emanuele –, nei pressi della Cattedrale, lì dove è l’attuale succursale dell’Istituto, alcune case allo scopo di realizzare nuovi locali dove trasferire il Collegio. Questa nuova sede venne inaugurata il 15 agosto 1588 e prese il nome di Collegio Massimo per la magnificenza dei suoi locali. L’insegnamento del Collegio era dedicato all’istruzione elementare, media e universitaria ed era impartito a titolo gratuito sovvenzionato dai Padri Gesuiti, da elargizioni private e dalle rendite di badie regie concesse da Carlo V. Il Collegio venne appellato Imperiale. Qui le scuole assunsero il carattere di vere e proprie scuole superiori. Si assiste alla crescita delle materie di insegnamento. La scienza speculativa dei divini misteri, la scienza dei costumi, la metafisica di Aristotele, la dialettica, la teologia sublime, la filosofia naturale, l’arte retorica. Nel 1730 fu fondato nel Collegio Massimo un Museo di Antichità ed un Museo di storia Naturale con raccolta di erbe secche e piante di Sicilia (Orto secco). Nella seconda metà del secolo XVIII la Compagnia di Gesù per la sua avidità di potere e di ricchezza e per la tenace avversione alle nuove idee che si erano diffuse in Europa, attirò contro di sé gli sdegni e le ire dei popoli e dei principi sovrani riformatori; questi ultimi non tollerarono più la presenza dei Gesuiti nei loro territori e provvedettero alla loro espulsione in Portogallo, Francia, Spagna e nel 1767 anche a Napoli ed in Sicilia dove regnava Ferdinando IV figlio di Carlo III di Borbone. A Palermo la partenza dei Gesuiti avvenne il 20 novembre 1767. Da quel giorno le scuole del Collegio Massimo restarono chiuse. Tuttavia l’anno successivo il Governo provvide riaprire la scuola con insegnanti laici e di altri ordini religiosi; fu preposta una Giunta di Educazione con l’incarico di amministrare i beni confiscati ai Gesuiti. Nel 1778 la Giunta fu abolita ed l’azienda dei beni gesuitici fu affidata al Tribunale del Real Patrimonio e la vigilanza del Collegio a una Deputazione di cinque membri istituita dal Re. Il Re Ferdinando con dispaccio del 1 agosto 1778 ordinò la realizzazione di un nuovo convitto per i giovanetti della nobiltà siciliana il cui fabbricato venne realizzato nella parte occidentale del Collegio lungo l’antica via Gambino, oggi via delle scuole, con prospetto su piazza sett’Angeli fino al Monastero di Sant’Agata nella via omonima. Nel 1779 il Re Ferdinando trasformò il Collegio in Reale Accademia. Le scuole inferiori comprendevano: classi elementari, tre classi di grammatica, la classe di umanità e quella di retorica . Le materie di insegnamento erano su per giù quelle del ginnasio: lingua italiana e latina, elementi di lingua greca, antichità romana, storia sacra e profana, elementi di geografia e precetti di retorica. Le scuole superiori, vere e proprie scuole universitarie, anche se non ne avevano ancora il titolo, erano divise in tre facoltà: teologica e legale, medica e filosofica. Nella facoltà filosofica si studiavano le seguenti discipline: logica e metafisica, fisica sperimentale, geometria ed algebra, matematica, geometria pratica ed architettura, storia naturale, lingua greca ed ebraica. L’Accademia divenne sempre più fiorente da attirare numerosa la gioventù da ogni parte dell’Isola. Illustri furono i professori: il maestro di retorica P. Michelangelo Monti, il giurista Rosario Gregorio, filosofo ed economista Vincenzo Emanuele Sergio, il fisico Domenico Scinà, l’architetto Giuseppe Venanzio Marvuglia, il matematico Domenico Marabitti, l’astronomo P. Giuseppe Piazzi e il poeta dialettale Giovanni Meli. Nel 1806 il settore delle scuole universitarie fu trasferito nel Casa dei padri Teatini di S. Giuseppe e “nel Collegio Massimo rimase l’antico studio di lettere e scienze e quest’ultimo ha gloria di essere il centro dal quale irradiò tanta luce di sapienza, il vivaio da cui venne fuori il più grande istituto di istruzione di Palermo, onore e vanto non solo della Sicilia ma anche dell’Italia” (Sampolo, op. cit, pp 200 e segg. ). Nel 1860, cacciati i Borboni, la Compagnia di Gesù fu sciolta e i suoi beni vennero “aggregati al Demanio dello Stato”. Il 29 ottobre 1860 il governo prodittatoriale riconobbe la legalità del Liceo, che comprendeva otto classi, delle quali le prime cinque costituivano la sezione inferiore, le ultime tre la superiore. Esso, destinato all’istruzione dei giovani di Palermo e dell’isola, fu inaugurato il 20 gennaio 1861 e in seguito, con Regio decreto del 4 marzo 1865, mutò il nome di Liceo Nazionale di Palermo per assumere quello attuale di Liceo Vittorio Emanuele II. Le successive vicende hanno caratterizzato l’impegno del Liceo nella formazione classica dei giovani siciliani. Attualmente le attività didattiche si sviluppano presso la sede centrale con accesso da Via Simone da Bologna , 11, edificio realizzato introno al 1913-18 sull’area di risulta dei locali del monastero e della chiesa ivi presenti[1], oggetto dei violenti scontri fra le truppe borboniche e garibaldine. Tale edificio fu inizialmente sede della Scuola superiore femminile “Giuseppina Turrisi Colonna”. La scuola fruisce ancora dei locali della sede storica, oggi succursale, con accesso da Via Collegio del Giusino. Fra gli alunni illustri Luigi Pirandello frequentò tra il 1882 e il 1886; proprio in quegli anni, in particolare tra il 1883 e il 1884, il giovane Luigi vergò, con grafia fine ed elegante, i tre quaderni manoscritti. “I primi due quaderni comprendono una raccolta di poesie, mentre il terzo, in formato tête bêche, pur raccogliendo ancora alcuni componimenti poetici, presenta due testi in prosa di natura scolastica e reca impresso sotto il titolo Palermo // R. Liceo V. Emanuele // 1884, con inequivocabile riferimento a quegli studi classici intrapresi presso la storica istituzione scolastica palermitana…”. Per quindici anni ha operato come docente del Liceo anche Padre Pino Puglisi, che ha lasciato in quanti lo conobbero una traccia profonda ed una autentica testimonianza di spirito cristiano ed impegno civile.

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